Ho riletto Paul Eluard, Poesia ininterrotta, e di nuovo non mi è piaciuto. Mi è difficile entrare nella lunga elencazione di versi, incatenati da un ritmo insistito e quasi imposto al lettore, che li fa suonare come una liturgia biblica, aspra e insieme carnale. Nell’edizione Einaudi sono presenti altre cinque brevi sezioni, tra cui “Il lavoro del poeta”, che sento più vicino per il disincanto dei contenuti, specie in apertura:
I bei modi di essere con gli altri
Sull’erba calva d’estate
Sotto nuvole bianche
I bei modi di esser con le donne
In una casa grigia e calda
Sotto coltri trasparenti
I bei modi di essere con sé
Davanti al foglio bianco
Minacciati d’impotenza
Fra due tempi e fra due spazi
Fra noia e mania di vivere
Con grande gioia, invece, nel libro ho ritrovato Franco Fortini traduttore e soprattutto autore di tre pagine introduttive dense ed esemplari. Fortini ha attraversato Eluard, il suo tempo e quello degli altri, il suo linguaggio e quello delle avanguardie, i suoi versi di “luminosità e vento” che portano l’eco di Rimbaud e Baudelaire, restituendone una sintesi efficace di struttura e senso. Il tutto nello stile e nei modi di chi sapeva ricondurre l’eresia a rigoroso sistema, di chi era critico e poeta insieme: inconfondibile.