Sul Grizzly di Fano c’è poco da dire e molto da imparare. La sua è una storia come tante in Italia. C’era una struttura demaniale che cadeva a pezzi, abbandonata ormai da molti anni. E c’erano dei giovani che l’hanno occupata, recuperata, riempita di incontri informativi, di musica, cultura, socialità. Agire in modo differente rispetto al modello dominante: questo si fa al Grizzly e in genere nei centri sociali, nonostante gli attacchi fascisti, leghisti e spesso anche istituzionali. A conferma del fatto che, agendo fuori dagli schemi, si finisce per sollecitare qualche brutto nervo scoperto. Come un anno fa, ad esempio, quando il Grizzly fu vittima di una spedizione punitiva. Qualcuno, in memoria del duce, lo ha spaccato, bruciato, allagato, facendo della libreria dedicata all’editoria indipendente un bel falò e ricordandoci, così, i periodi più neri della storia. Allora vi fu una reazione immediata di solidarietà e sostegno, anche in ambienti tradizionalmente lontani dal centro sociale.
Dunque, memore di questo, mai avrei pensato di vedere la scena di sabato scorso quando, durante il secondo festival dell’editoria indipendente (coincidenza che torna, questa dei libri), sono arrivati tutti insieme polizia, carabinieri e nas. Una sproporzione: tra le forze schierate e un piccolo gruppo non di delinquenti ma di giovani impegnati. E nella sproporzione si annida l’ingiustizia, subito letta come provocazione. Oppure come pressione utile agli amministratori locali che, avendo da poco avocato a sé la disponibilità dei locali, potrebbero finire per: assecondare le posizioni pubbliche più reazionarie; buttare per strada giovani impegnati che, guarda caso, non appartengono al loro entourage; appropriarsi di una struttura recuperata e rivitalizzata da altri, per un’utilizzazione che ignori il lavoro svolto finora. Il tutto in nome del ripristino della cosiddetta legalità, che in casi come questo ha valore soltanto formale e non sostanziale. Detto in altre parole: non si interrompe un percorso volontario di utilità sociale intrapreso spontaneamente e alimentato con continuità e costanza ma si trovano soluzioni adeguate che lo facciano crescere, legittimandolo anche formalmente di fronte a tutta la comunità.
Esiste inoltre un altro aspetto non secondario: meglio frequentare un luogo d’iniziativa sociale oppure consumare alcool e pasticche in zone anomime della città? Riconoscere dignità e valore all’operato non omologabile del Grizzly può portare a risultati che vanno ben oltre il suo quotidiano esercizio critico.
Se per caso si tratta di una fase di accerchiamento istituzionale, speriamo che termini presto. Perché, senza paternalismi o difese d’ufficio, liberare il Grizzly è liberare anche noi.
Sabato ero presente al Grizzly perché attratto dalla possibilità di visionare ed eventualmente acquistare, cosa che è capitato ,dei libri ed ascoltare la presentazione del libro “Sebben che siamo donne”. In altri luoghi di Fano mi è capitato di essere presente alla presentazione di libri, ma la stessa Città assiste quasi inerme alla chiusura di librerie e relativi spazi. Per questo ringrazio chi mi ha dato la possibilità di aver assaporato e vissuto dei momenti “meno convenzionali”.