Il referendum greco di domenica ha un valore enorme e va al di là dell’accettazione o meno delle condizioni capestro imposte da un’Europa che Europa non è. Da una parte lo strapotere di un’oligarchia di vertice sempre più aggressiva, sostenuta da qualche fantoccio in cambio di briciole e visibilità; dall’altra un popolo, depredato nel tempo da oligarchie locali e indebitato con logiche da strozzinaggio da quella stessa oligarchia di vertice e dai poteri che rappresenta. E che impone agli stati una progressiva cessione di sovranità che svuota e stravolge le democrazie, rendendole irriconoscibili. E allora che la parola torni al popolo, perché difenda la propria autodeterminazione da un’economia virtuale, malata e speculativa, in guerra con i diritti e la sopravvivenza stessa delle persone. Non si può morire, fisicamente e dentro, per il gioco d’azzardo di banche e finanza travestite da falsi politici. Non si può accettare che a gestire gli stati sia una nuova tirannia accentratrice , che cancella principi costituzionali e tutele, servizi pubblici e libertà di espressione. Basta osservare come i media trattano le informazioni sulla Grecia per coglierne la potenza di fuoco, mossa a catena dai vertici degli interessi fino all’ultima testata giornalistica. Gravi mistificazioni riscrivono la realtà ad uso e consumo di folle impaurite, per orientarle e ridurle a servitù e merce, esattamente come i beni di tutti: ambiente, salute, lavoro, scuola, cultura. Inutile ricordare le radici culturali e ideali della Grecia, il patrimonio di natura e arte nei secoli sfruttato e saccheggiato con metodi neocolonialisti. Inutile dire quale affare rappresenti poter mettere le mani su isole e siti archeologici, in virtù di un’adesione cieca a quello che viene paradossalmente definito salvataggio. E il tutto si colora di tinte anche più fosche mentre si stanno delegittimando con ogni mezzo le rappresentanze elette, forse non abbastanza servili. I Greci hanno subito invasioni e dittature delle quali noi italiani qualcosa dovremmo ricordare. Anche per questo dovremmo seguire il loro esempio, di coraggio e dignità non soltanto politica. Tsipras in Grecia ha radici popolari mentre qui in Italia, spiace dirlo, è stato importato come un brand elettorale. E la differenza si vede. C’è tanto da imparare da chi prima di noi sta facendo esperienza di quel limite estremo e senza ritorno imposto da poteri indicibili. E c’è tanto da rispettare, anche nei passaggi più incerti e meno comprensibili. L’esito stesso del referendum e ancor prima la sua costituzionalità sono messi in discussione da pressioni quasi insostenibili, come quelle subite nelle trattative di questi ultimi mesi. Eppure la Grecia ancora una volta ci insegna la democrazia e ci mostra i pericoli: presenti, futuri, comuni. Esserle grati è il minimo.
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La Grecia nel cuore
In Grecia e in Italia
L’altro mare di Angelopoulos
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Di élite si muore
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