Un raggio gli scivola sul viso,
scopre le rughe che spingono
agli angoli parole recenti
e gli occhi a fessura, azzurri come
il mare che attraversa da solo
come in gioventù, senza
alcuna prudenza
lì non stringe la terra per il cibo
o il legno per forme più utili
gioca appena di sguardo,
da superficie a orizzonte
e apre solchi nell’acqua trasparenti
con brevi schiume bianche
poi sparite
oppure mai esistite
è una specie di sogno, dice,
questo ulisse più etereo
perso nel buio estivo che svapora
le sue stelle inutili
oltre la calata e oltre gli anni
come se dietro non ci fosse
nulla né la vita di prima né questa
e nemmeno più avanti
qualcuno che lo aspetti
(da “L’origine dell’ombra”, 2011)