Si riduce l’universo a pezzi
da incastrare in teche
con il vetro sopra
e sotto un nome
un nome per un senso perduto
oppure strozzato nella culla
come tutti i possibili
che avevamo previsto,
nelle albe riavvolte
in un rosa psichedelico,
disperse
per l’unica attesa inconfinata
che ancora resiste