La “manovra di ferragosto” è stata concepita dai manovratori in un lampo, e pubblicata al culmine dell’estate, esattamente nel momento di minore attenzione da parte dei cittadini. Prevede una serie di tagli che, se confermati per quello che sono, non potranno che aggravare la crisi di questo paese, economica e non solo. Non si tratta infatti di un vero programma di risanamento, efficace ed equo come l’urgenza di intervenire e il contesto sociale richiederebbero. Sembra piuttosto un collage dell’ultimo minuto, senza logica alcuna se non quella di colpire le persone più oneste e quelle più in difficoltà, insieme ad alcuni valori fondanti di questo paese.
Come funzionerà è presto detto: ridurrà drasticamente ogni possibilità di ripresa, perché toglierà ai tanti che hanno già poco (e che costituiscono un tessuto sano e collaborativo), salvaguardando invece i pochi che hanno molto e che allo Stato chiedono, senza dare nulla in cambio, soltanto di poter accumulare ricchezze (facili, deregolamentate, defiscalizzate, spesso anche illecite, magari per portarle altrove).
Alla dichiarata riduzione dei costi della politica corrispondono invece interventi di facciata, perché si prefigura già qualche scappatoia che ne rimanderà, o addirittura vanificherà, anche i minimi benefici promessi.
Nella manovra c’è inoltre di peggio, stavolta sul fronte dei diritti e dei valori civili: ad esempio l’accerchiamento e il conseguente svuotamento dell’art. 18 dello Statuto del lavoratori, come anche l’obbligo di posticipare al lunedì le ricorrenze del 25 aprile (anniversario della Liberazione dal nazifascismo), del primo maggio (festa dei lavoratori) e del 2 giugno (festa della Repubblica), se capitano in un giorno non domenicale o infrasettimanale.
Come si fa, di fronte a un provvedimento fatto di articoli così apparentemente scollegati fra loro, a non suggerirne invece un’interpretazione, magari in combinato disposto, che risulti coerente, sintetica e chiara? Potrebbe essere, ad esempio: Piano di rinascita, golpista e piduista?