Questa, più che una dichiarazione di voto, è una dichiarazione di vita e di salvezza dal baratro scavato dai partiti e coperto di finzioni per spingerci sull’orlo. Loro si attaccano a radici vecchie di decenni, contorte e dure a morire, come ogni interesse deviato dal bene comune che lì trova nutrimento. Se vogliamo veramente vivere quelle radici vanno tagliate tutte, innesti e ramificazioni compresi, perché ci hanno portato all’emergenza totale. Diritti umani e civili, sistema statale e tenuta democratica, ambiente e salute, istruzione, cultura, lavoro, informazione, legalità, e prima ancora ogni bisogno primario, dal cibo alla casa, sono garantiti così poco e male che ci si domanda come sia possibile reggere.
Ogni giorno arrivano notizie sempre più sconcertanti: svendita di beni e terreni comuni, deregolamentazione di appalti miliardari, pugno di ferro con chi non ha un tetto e cerca comunque di sopravvivere, criminalizzazione di chi si oppone, attacchi ripetuti e concentrici che stordiscono e tolgono il fiato.
Per uscire da questa spirale che ci tira a fondo è necessario prima di tutto costruire un muro che fermi chi ci sta governando: un muro di voti, ogni voto un mattone. Più il muro cresce più ci proteggiamo. I Cinque Stelle sono gli unici che vogliono costruire davvero questo muro, quindi il mio mattone io lo darò a loro. Spero anche che la loro erba, così nuova, spontanea e tenace, possa sostituire tutte le vecchie radici che ci soffocano.
Nel 1946 Orwell scrisse alcune pagine dedicate all’importanza della natura, specie nelle sue manifestazioni primaverili. Il risveglio di piante, fiori e animali gli indicavano una pienezza e un senso ben più forti di ogni primato della politica a scapito della vita. Più di tutti Orwell amava il rospo, animale che meglio rappresenta l’uscita da ogni letargo, reale o figurato. Ecco, oggi io sto con il rospo, spesso sottovalutato anche se più umano di tanti umani. E ringrazio Orwell, per la sua saggezza, per un’ecologia del linguaggio a cui, passata la tempesta, anche noi presto torneremo, e poi perché “la primavera è sempre primavera. Le bombe atomiche si ammassano nelle fabbriche, le polizie s’aggirano minacciose per le città, le menzogne piovono dagli altoparlanti, ma la terra continua a girare intorno al sole e né i dittatori né i burocrati, per quanto profondamente ostili alla cosa, sono in grado di impedirglielo” (“Elogio del rospo”, in Nel ventre della balena e altri saggi, Bompiani 2011, pp. 342-346).