Non ricordo se siano nati prima i versi che seguono oppure la tavola di Celeste Messina, so soltanto che a un certo momento gli uni e l’altra si sono incontrati e non si sono lasciati più. Siamo donne controvento, Celeste ed io, e questo ci unisce.
Quale storia ha la veste
trascinata sull’aia dal passo
nervoso, poi oltre tra larici
e querce che interrompono
l’erba e drenano la pioggia
fino alla fattoria dei ricchi,
ai corpi rivestiti di uno sfarzo
lucido che parla di Londra
e di colonie infestate di selvaggi
di stoffe sconosciute e versi sputati
dai polmoni in accessi di sangue
nell’umido delle cantine
e in casse di legno per traslochi,
vertigini della distanza
oggi è solo campagna che
sfuma in acquerello fino al cielo,
albero dentro il confine
mantello di donna controvento