La mia nuova raccolta di versi è conclusa. Iniziata a fine settembre 2012 e terminata il 21 marzo scorso, ha richiesto un mese di tempo per selezionare le poesie da includere (85 su 101) e per la revisione generale. Il 24 aprile ho chiuso definitivamente il file con un misto di fatica e sollievo. Il giorno dopo ho festeggiato la Liberazione per le strade di Parma, portando dentro di me questa piccola novità.
Ora sono in attesa di qualche copia stampata da distribuire agli amici per una prima lettura, poi si vedrà. Come ripeteva Dario Bellezza, tutto si consuma nell’atto stesso dello scrivere, il resto non ci riguarda. Oggi mi sento di aggiungere che al massimo riguarderà gli altri, se mai si sarà scritto qualcosa di buono e utile per loro. Il che non è mai facile, naturalmente.
Questa volta la raccolta è nata sotto la spinta, emotiva e razionale insieme, di un fatto di cronaca accaduto nel settembre dell’anno scorso. Un cucciolo di giraffa di nome Aleksander era fuggito da un circo finendo nei nostri spazi cosiddetti civilizzati, trovandovi infine la morte. Personalmente ho visto in questo episodio e nella sua spettacolarizzazione una sintesi potente del degrado e della mistificazione in cui viviamo ogni giorno. Dal quotidiano gli inermi sono aggrediti o espulsi per difetto di omologazione. Un animale fuori del suo mondo è inerme; un bambino, un anziano o un disabile è inerme; un escluso dal lavoro è inerme; un migrante è inerme; un civile sotto le bombe è inerme; chi si suicida è inerme. Anche chi per disperazione rivolge il suo gesto contro altri fino a un attimo prima era inerme e senza via d’uscita.
La fine di Aleksander è un esempio come tanti della rapida eliminazione di chi è inerme in quanto problema, subdolo per i falsi sentimenti che muove e per la sua banalizzazione in facili schieramenti a favore o contro l’impiego di animali nei circhi. A me, soprattutto, interessava scrivere del grande circo che ci contiene, con gabbie dorate o arrugginite, serrate oppure socchiuse, magari per questo anche più pericolose. Forse l’illusione di dare forza a chi non può difendersi mi ha dettato parole, suoni e ritmi. Che poi ho a lungo asciugato e ripulito, per essenzialità e rigore necessari quando si tratta di descrivere e riflettere quello che stiamo e sto vivendo. Dentro ci sono infatti i cambiamenti climatici e le piogge torrenziali, Taranto e l’Ilva, il Salto di Quirra, i sindacati, la politica e gli affari, la bellezza struggente di Venezia e quella delle nostre campagne, tracce qua e là del mio passato e dei miei affetti, il mare di qui e le montagne oltre confine, denunce e domande, il tutto accompagnato dal passo smarrito di un cucciolo fuori misura. Un po’ come tanti di noi, oggi, di fronte al gelo che avanza.