Chi pensa che le imminenti elezioni politiche italiane daranno ai cittadini la possibilità di cancellare il sistema corrotto e antidemocratico dei partiti e ricostruire il paese sulle loro macerie è un illuso. Quel sistema ancora controlla o gestisce quasi tutto: informazione, amministrazioni pubbliche e strutture parallele, accesso al lavoro e voti, denaro pubblico e privato.
Anche l’attuale governo di cosiddetti tecnici, nato non dalla volontà popolare ma da quella dei massimi vertici (a tutela dei poteri economico-finanziari in balìa di una crisi autoprodotta), finge un’autonomia dai partiti che non ha ma che mostra di avere soltanto quando ai partiti conviene.
Un mostro concepito in laboratorio ci sta accompagnando, bontà sua, alle elezioni, mentre quello stesso laboratorio sta tentando di modificare la legge elettorale. L’obiettivo è impedire, come da più parti dichiarato senza alcun pudore, che un movimento politico in crescita (il 5 Stelle) travolga i palazzi. Magari tutto questo è anche incostituzionale, ma se la Costituzione è un intralcio per loro, questi signori cosa fanno? O la riscrivono o la mettono in un cassetto, e tra le due ipotesi la seconda è quasi un sollievo.
In un paese normale una legge elettorale così non sarebbe nemmeno esistita, tanto che per la sua indecenza la chiamano “porcellum” (ed è una fortuna che i maialini ignorino sia le leggi sia il latino).
In un paese un po’ meno normale una legge così sarebbe stata modificata al più presto.
In un paese per niente normale si cerca di riscriverla a pochi mesi dalle elezioni, per garantirsi un premio di maggioranza scippandolo agli avversari.
E chi si sta dichiarando, pur essendo partito, contrario a questo disegno, lo sta facendo esclusivamente per convenienza ben calcolata.
L’Italia dei salotti e dei salottini (non soltanto televisivi) funziona così, vede un fascismo strisciante in qualsiasi tentativo di cambiamento mentre rimuove le proprie pulsioni antidemocratiche, quelle stesse che negli anni hanno distrutto il tessuto civilmente più sano e mentalmente più libero di questo paese ingrassando il vitello berlusconiano e tutti gli altri vitellini attorno. Ma si sa che ammettere onestamente le proprie responsabilità segnerebbe la fine della propria carriera, remunerazione compresa, e si continua a far finta di niente.
Non sarà una croce messa in una scheda a salvarci dal vuoto democratico (nel quale, peraltro, non da ora siamo immersi fino al collo), e ciò indipendentemente dalla legge elettorale che ci imporranno. La democrazia per reinventarsi ha bisogno di altri luoghi, liberi dal passato e legati ai bisogni quotidiani accresciuti dalla crisi, dove si ritrovano gruppi di volontariato e di partecipazione sociale e anche vari movimenti. Dalla strada alla rete e viceversa, lontano da salotti e palazzi: la transizione verso una democrazia nuova può passare soltanto da lì.