Più si avvicinano le elezioni amministrative e più aumenta l’aggressività verbale di politici, giornalisti e opinionisti nei confronti di Beppe Grillo. Che intanto se la ride e raccoglie nel suo blog filmatini esilaranti di chi prova a definirlo lanciandosi in paragoni e appellativi strampalati. E’ un vero florilegio quello alimentato quotidianamente da vari personaggi dello spettacolo: come definire altrimenti Bersani, Casini, Crosetto, D’Alema, Mussi, Napolitano, Scalfari, Storace e Vendola mentre si danno all’avanspettacolo tentando di rubargli il mestiere?
Per una consultazione più agevole, il repertorio andrebbe ordinato alfabeticamente. Tanto per fare un esempio, alla lettera G si trova sia il paragone con il Gabibbo (griffato D’Alema) sia quello con Goebbels (piombato Crosetto). E poi quante definizioni: Grillo è antipolitico, demagogo, dilettante, populista, uomo qualunque, sfascista… Se ne so così tante io, che evito la maggior parte dei media, non oso pensare quanto altro si siano inventati.
Il motivo di questa febbre contagiosa è chiaro: lo scaricare su altri il proprio fallimento politico è uno psicodramma che a ogni scadenza elettorale si ripete, a dimostrazione di quanto i partiti (i soli veri antipolitici a fronte di movimenti che invece fanno politica sul serio) siano incapaci di autovalutarsi e di rigenerarsi.
Inventare una nuova peste e il suo untore di turno è quanto di più irrazionale e inadeguato un politico possa fare. Se poi la mistificazione si tinge di parodia e parossismo il cortocircuito comunicativo è assicurato e produce nel pubblico reazioni alterne. Ad esempio, Bersani che ripete come un automa parole già dette da Napolitano, e poi allude a un episodio tristissimo della vita di Grillo per il quale oggi non sarebbe candidabile, prima genera compassione e poi ribrezzo.
Ma di quale spessore politico sono fatti questi personaggi? E come possono permettersi di giudicare le capacità politiche di un comico che corre libero nel deserto che loro stessi hanno lasciato? Come possono alludere alla disonestà di un uomo per la sola sua colpa (se così può definirsi) di un grave incidente stradale, quando portano sulle spalle l’infinito elenco di nefandezze pubbliche di una stessa classe politica in sella da oltre sessant’anni?
Se la tangentopoli dei primi anni Novanta fosse stata gestista fino in fondo, portando alla luce gli scheletri di tutti i partiti compreso quello di Bersani, si sarebbe potuto ricominciare da zero, con liste civiche di cittadini onesti. Ci abbiamo anche provato, ma il trasformismo omertoso e gli interessi di parte hanno vinto. E oggi ci risiamo: gli scandali e gli errori dei partiti si moltiplicano, ma se un movimento prova a ricominciare da zero, tirando dritto per evitare alleanze pericolose e imboscate di ogni tipo, i partiti lo attaccano con i modi che hanno: antidemocratici, sleali, scomposti.
Grillo e il suo movimento non hanno bisogno di difensori, né io mi sento sempre vicina alle loro proposte. Una cosa però è certa: quelle proposte sono molto più utili e innovative di tanti copia e incolla distribuiti nelle campagne elettorali, vengono dal contributo di esperti di tutto rispetto, nascono dal basso e poi vengono condivise in rete. Non mi sembra poco. E poi, se non ci fossero stati il blog di Grillo e Il fatto quotidiano, l’informazione in Italia sarebbe stata molto più padronale e deviata.
Marco Travaglio, ad esempio, mi è politicamente lontano ma fa il suo lavoro di giornalista con rigore e coraggio. Per chi crede nella libertà di stampa questo fa la differenza.