In questi giorni ho letto Le terre emerse del poeta ticinese Fabio Pusterla (Einaudi 2009), note finali comprese, e anche da queste ultime ho ricevuto forti suggestioni.
Qui mi riferisco a due note in particolare. Una riguarda il dronte, uccello delle Mauritius incapace di nuotare e di volare: non superò l’impatto della colonizzazione olandese e si estinse. L’altra rimanda a Flora ferroviaria (di Ernesto Schick, Chiasso 1980), che descrive l’indomabilità di alcune piante durante la realizzazione di un tratto ferroviario elvetico.
Entrambi sono esempi di aggressione e di risposta naturale dagli esiti opposti, muoio o resisto, senza casi intermedi di adeguamento.
Il paragone con la nostra condizione antropologica è inquietante: tra minoranze in via di estinzione o resistenti si colloca una massa mutante sempre più numerosa, a corto di identità e di reazione di fronte a qualsiasi rischio di libertà.
Ieri mi sono addormentata pensando: Chi di noi, dopo una fuga impossibile, finirà come il dronte? Chi come l’erba aggrappata a qualche massicciata di confine? E semmai da quale parte, italiana o svizzera?